Alla base di questa «magia» ci sono le onde elettromagnetiche. «La metodica dei campi magnetici pulsati è studiata e approfondita in Italia e nel mondo da diversi scienziati e ricercatori — spiega —. I campi di applicazione sono stati diversi: dalla medicina al nucleare, dall’aeronautica allo sport e alla musica. Tutto questo patrimonio di conoscenza sulle onde elettromagnetiche ha permesso di avere un know how formidabile. Non a caso oggi c’è una vera e propria rincorsa alla sperimentazione da parte di colossi farmacologici, come ad esempio Glaxo, che stanno lavorando sulla possibilità di catturare un’impronta genetica da un farmaco, attraverso gli studi effettuati sugli elettrofarmaci». Missoli ha applicato la stessa metodologia al vino. «Dopo essere riusciti a catturare l’impronta genetica di un vino di una buona annata, lo abbiamo trasferito in una bottiglia dello stesso vitigno di una stagione di minore pregio. Attraverso le onde elettromagnetiche a risonanza stocastica abbiamo stimolato il vino più pregiato, quindi i segnali ricavati sono stati amplificati attraverso un microprocessore e infine trasferiti per via elettromagnetica alla bottiglia di vino meno pregiata». E se il trasferimento dell’impronta genetica ha una durata di circa un’ora, l’efficacia di avere sul tavolo un vino pregiato svanisce in circa quattro ore. Perché è necessario avere due vini provenienti dalla stesso vitigno? Missoli spiega come è impossibile incorrere nel rischio di sofisticare il vino. «L’impronta genetica deve essere la stessa, diversamente si attiva il watch dog, una sorta di allarme che riconosce la diversa genetica del vino contenuto in provetta e nella bottiglia, in questo caso l’allarme avverte che è impossibile il processo di trasferimento».
Il professor Missoli, che trascorre le vacanze in Romagna, ha iniziato a tastare il terreno e, con in mano la sua nuova scoperta, ha proposto il macchinario alle aziende vinicole della zona. «È un progetto che vuole aiutare l’economia agricola e vinicola italiana – spiega – Infatti se un’azienda vinicola ha in cantina un’annata di prodotto non eccellente attraverso questo strumento può vendere anche un vino che diversamente sarebbe difficile da smaltire. Ovviamente il cliente deve essere a conoscenza del procedimento che c’è dietro e le etichette dell’annata non devono assolutamente essere sostituite». Ma al momento le aziende sono caute. «L’intuizione è geniale – interviene l’enologo della cantina Colombarda di Cesena, Giuseppe Meglioli, al quale è stato presentato il progetto – ma devo capire qual è il contesto giusto per poterla applicare. Forse se l’impronta genetica di un vino la utilizzassimo per individuare l’impronta di un territorio diventerebbe una garanzia di prodotto».
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